Malattie croniche: “Colpiscono otto milioni e 437mila anziani”
Roma, 10 aprile 2020 – Otto milioni e 437mila anziani nel nostro Paese, il 60,7% degli over 65, sono colpiti da almeno una malattia cronica. E il 25% da due o più patologie di questo tipo. Le più frequenti sono le cardiopatie (27%), le malattie respiratorie croniche (21%), il diabete (20%) e i tumori (13%). Vi sono farmaci efficaci per tenerle sotto controllo, ma la scarsa aderenza alle terapie è un problema molto frequente fra gli anziani. Infatti, ben il 70% non segue i trattamenti in modo corretto o li abbandona dopo breve tempo. Un problema dovuto alla condizione di fragilità di queste persone, particolarmente acuita in questo periodo dall’epidemia da coronavirus. La mancata adesione alle terapie aumenta i tassi di mortalità, le ricadute e le ospedalizzazioni, proprio in una fase critica per il sistema sanitario, che deve far fronte all’emergenza causata dal COVID-19. Il 12 aprile si celebra la Giornata Nazionale dell’aderenza alla terapia, promossa dal Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia (CIAT), che riunisce società scientifiche, medici (FNOMCeO, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), farmacisti (Federfarma), infermieri (FNOPI, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), Istituzioni e associazioni di pazienti. “In un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicato interamente a questo tema, la stima dell’aderenza alle cure, nei pazienti che soffrono di malattie croniche, risulta solo del 50% – spiega Pierpaolo Sileri, Viceministro della Salute -. Per questa ragione è importante l’istituzione di una Giornata Nazionale dell’aderenza: per sensibilizzare cittadini, pazienti, chi li assiste e le Istituzioni della necessità di seguire correttamente le cure. Il problema riguarda in particolare gli anziani, che sono persone attive, piene di vita e rappresentano la memoria del nostro Paese, oltre ad essere un importante riferimento per il welfare familiare degli italiani. L’emergenza Coronavirus ha evidenziato e spinto ad un’implementazione della sanità digitale, per assicurare la continuità assistenziale e gestire la cronicità. Grazie alla sanità digitale i medici clinici possono essere più vicini agli anziani, come a tutti gli altri pazienti, garantendo prestazioni a domicilio attraverso servizi di televisita, teleassistenza e telemonitoraggio. Strumenti a cui tutti i pazienti devono essere introdotti al meglio e al più presto, perché favoriscono l’aderenza alle terapie e garantiscono una vita più lunga e più sana”.
“Quasi 24 milioni di italiani, il 40% della popolazione, sono colpiti da almeno una malattia cronica (ipertensione, diabete, tumori, osteoporosi, insufficienza renale, malattie reumatologiche, cardiovascolari ecc…) – afferma Antonio Magi, Segretario Generale SUMAI (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria) -. Queste patologie assorbono circa l’80% dei costi sanitari complessivi, con uscite pari a 66,7 miliardi di euro ogni anno. La mancata adesione ai trattamenti può comportare conseguenze molto gravi per il paziente e per il sistema sanitario, ad esempio un elevato tasso di ricadute e di ospedalizzazioni che, oltre a determinare ripercussioni negative sull’evoluzione della malattia, rappresentano un peso non indifferente per la famiglia e per la società. Per molte patologie croniche, la mancata adesione si traduce inoltre in un aumento della morbilità e mortalità. Dati relativi alla gestione delle malattie cardiovascolari, ad esempio, evidenziano un aumento della mortalità nei pazienti non aderenti. E il contagio con il coronavirus potrebbe incidere su una condizione di salute già complessa e compromessa”.
Il lavoro da fare per migliorare i comportamenti dei malati cronici è ancora tanto, innanzitutto potenziando la specialistica ambulatoriale pubblica che ha da sempre in carico questi malati e li deve seguire nel loro percorso, anche educativo. In Italia, si riscontra una bassa aderenza nel 32,9% delle persone che assumono antiipertensivi, nel 41,6% per le terapie ipoglicemizzanti contro il diabete, nel 40,1% per le cure antidepressive, nel 14,1% per le cure contro l’osteoporosi e nel 24,6% per i trattamenti per l’ipertrofia prostatica benigna. “Molti pazienti temono che i farmaci che assumono per la cura della patologia cronica li espongano a un maggior rischio di contrarre il COVID-19, ma non vi è, a oggi, alcuna evidenza scientifica in questo senso e dobbiamo rassicurarli – evidenzia Pier Luigi Bartoletti, vice segretario nazionale FIMMG (Federazione Italiana Medici di Famiglia) -. Va ricordato che, nonostante le aperture del Ministero della Salute e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la prescrizione di alcuni farmaci (antidiabetici orali, anticoagulanti, farmaci contro la broncopneumopatia cronica ostruttiva), che portano a un miglioramento della compliance e dell’aderenza terapeutica, è ancora preclusa ai Medici di Medicina Generale, con grave disagio per i pazienti”. “È essenziale sensibilizzare i cittadini sull’importanza di continuare a seguire le terapie, soprattutto in questa fase di emergenza – spiega Guido Grassi, Presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa/Lega Italiana contro l’Ipertensione Arteriosa (SIIA) -. L’ipertensione non rappresenta un fattore predisponente all’infezione da coronavirus. In Italia, sono 18 milioni le persone ipertese: non devono modificare o abbandonare la terapia antiipertensiva, che si è dimostrata nel corso del tempo in grado di proteggere le persone dal rischio di gravi complicanze cardiovascolari, quali l’infarto miocardico, lo scompenso cardiaco, la morte improvvisa e l’insufficienza renale. Società scientifiche nazionali, europee e internazionali, oltre all’AIFA, hanno raccomandato di non modificare la terapia in atto con antiipertensivi nei pazienti ipertesi ben controllati, perché esporre persone fragili a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato”. A compromettere la capacità del paziente di essere aderente alla terapia in maniera adeguata e costante è anche la lunga durata dei trattamenti. In aggiunta, le malattie croniche sono spesso associate ad altre patologie ed è necessario il ricorso a più farmaci, elemento che rende ancora più complessa la corretta adesione, soprattutto per gli over 65. Basta pensare che, nel nostro Paese, l’11% degli anziani deve assumere ogni giorno 10 o più farmaci.
“Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 371mila casi di tumore, circa il 50%, pari 185.500 nuove diagnosi, ha riguardato gli anziani – sottolinea Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile dell’Oncologia Medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. Terapie innovative consentono di cronicizzare anche malattie gravi come le neoplasie e l’età avanzata non deve rappresentare un ostacolo per accedere a queste armi efficaci. Gli studi evidenziano come la qualità della relazione terapeutica medico-paziente rappresenti una componente fondamentale per l’adesione. Inoltre, è importante una revisione attenta dei trattamenti e, se possibile, una loro semplificazione. Quando le terapie sono troppo complesse, i pazienti dimenticano con maggiore probabilità ciò che viene loro spiegato ed è possibile che non seguano le istruzioni ricevute o commettano errori. La semplificazione del regime terapeutico rappresenta l’intervento più immediato per incrementare l’adesione, soprattutto se la complessità delle cure non si concilia con la qualità di vita del paziente”. “Il progetto CIAT coinvolge tutti i clinici che ogni giorno affrontano il problema, fra cui cardiologi, oncologi, medici di famiglia, reumatologi, pediatri, oculisti, dermatologi, pneumologi, urologi e psichiatri – conclude Roberto Messina, Presidente Senior Italia FederAnziani -. Negli ultimi dieci anni, in Italia, i cittadini over 65 sono passati da 12,1 a 13,9 milioni, con una crescita di 1,8 milioni. La mancata adesione ai trattamenti ha come dirette conseguenze la riduzione dell’efficacia e della sicurezza dei farmaci e costi sociali notevoli. Secondo i dati del Centro Studi di Senior Italia FederAnziani, diagnosi precoce e sviluppo dell’aderenza possono determinare fino a 19 miliardi di euro di risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale e un significativo miglioramento in termini di salute per l’intera popolazione dei malati cronici”.